venerdì 21 dicembre 2012

ED E' ANCORA NATALE...

E' arrivato,anche quest'anno,il Natale,con le sue luci e le sue ombre.
Si vuole che per Natale siamo tutti più buoni.Ma il giorno dopo?
Che dobbiamo essere generosi,ma in che modo?donando qualcosa?partecipando ad una tombolata con i nonnini?e mi basta farlo una sola volta per essere a posto con la mia coscienza per il resto dell'anno?
Quest'anno,non voglio essere più buona,non voglio essere generosa,non farò tombolate,per Natale.
Ma faccio la solenne promessa a me stessa,non ho testimoni,lo so,e potrei barare..
ripeto, mi riprometto di di non arrabiarmi quando le cose vanno storte,
di non correre con la pretesa di poter sempre fare tutto,
di non lamentarmi,per ogni piccola contrarietà.
Forse così acquisterò serenità e riuscirò ad essere più disponibile con me stessa e con gli altri,non solo a Natale,e non è poca cosa,tanto per incominciare.


Auguro un BUON NATALE che lascio ai piedi di quest'alberello minimo e senza pretese,ma che è un'opera d'arte per i bimbi che lo hanno fatto.

venerdì 17 agosto 2012

SOSPENDIAMO....

C'è ancora tempo per qualche giorno di vacanza,e ne approfitto..
Vado in cerca di climi più umani,lasciando la canicola sicula.Un cordiale saluto per chi è ancora a casa,è già tornato o non è mai partito.
E al rientro spero di trovare tanto da leggere,sui vari blog ,e ancora tanta voglia di scrivere.
Ciao.........

sabato 21 luglio 2012

COTONE "PELLICANO" N° 16

Seduta su una comoda poltrona,più imponente delle altre,pregava e lavorava:uncinetto,punti sempre nuovi e sempre uguali,filo stessa marca e quasi stesso numero.
E il lavoro cresceva ,fino a che la luce del giorno le permetteva di lavorare. Non lavorava più alla fioca luce del lume a petrolio o accanto ad una lampadina elettrica,sempre troppo bassa rispetto alle necessità, perchè bisognava fare economia....
Non era stato sempre così:al matrimonio ,a soli 17 anni,seguirono gli anni della procreazione,13 figli,uno dietro l'altro,-solo- nove rimasti in vita,cinque maschi e quattro femmine.
Badava alla casa ed ai figli con l'aiuto della mamma,mentre il marito faceva poco e spesso partiva per terre lontane,forse in cerca di tranquillità,forse per dare tregua alle nascite.
Badava anche ad un po di terra,vari poderi sparsi che assicuravano olio frutta vino e affittati come pascoli,formaggio,ricotta e altre piccole entrate.
Il marito,con la fissa dell'idraulica,spendeva in pompe idrauliche tubazioni,muratori ,quel poco che la moglie racimolava,ed erano battibecchi continui a seguito anche di sperimentazioni che si concludevano con veri e propri fallimenti.

Dei figli,in verità,da giovane se ne occupava poco:vita da caserma con regole drastiche e orari svizzeri,niente uscite,niente amicizie,per i ragazzi libro e..moschetto,erano i tempi,le ragazze libro e ago,alternati nel corso del giorno.
Lei, spesso occupata e preoccupata per l'andamento economico della casa,trovava tuttavia il tempo per un consiglio a chiunque glielo chiedesse od una lettera da scrivere spesso ai vari consolati per sollecitare l'interesse degli uomini emigrati, verso la famiglia di origine,rimasta ad aspettare qualche soldo per la sopravvivenza.
Quasi sempre i risultati arrivavano,erano rimesse in valuta straniera e qualche volta anche il rimpatrio di mariti e padri dalla memoria labile e dalla voglia di lavorare pari a zero.
La ritenevano una donna saggia,ma con i figli qualcosa non ha funzionato:è mancata una vicinanza affettiva,un consiglio giusto a momento giusto,una spinta a farli uscire dal piccolo mondo nel quale vivevano serenamente isolati. I maschi hanno trovato la strada,non sempre facile della “fuga” volontaria,un altrove che sapesse di libertà e scelte anche sbagliate ma libere e personali.
Per le donne un crogiolarsi nella comodità di una famiglia che pensava a tutto,almeno alle necessità materiali e il rifugio nello studio,nell'insegnamento e ancora nell'isolamento un po snob ed altezzoso.
Per lei,mamma Mariagrazia, la vita continuava,placida come certi fiumi che all'apparenza sembrano immobili,ma dentro hanno tumulti,sommovimenti, onde anomale.
Non c'era certo bisogno di preparare corredi,c'erano tanti lavori finiti,coperte matrimoniali, singole, frange, centri, tappeti....Aveva già tanti nipoti,ma mai il piacere di un dono,fatto dalle sue mani per qualcuno di loro,in suo ricordo. Il lavoro,quel lavoro era un mantra,una preghiera,una espiazione,non saprei,ma era un mezzo,era fine a se stesso.
Quando il più giovane dei figli tornava per qualche giorno in famiglia,una visita agli anziani genitori e sorelle,e chiedeva alla madre se avesse bisogno o piacere per qualcosa di particolare,la risposta era sempre la stessa,-non ho bisogno di niente,solo se puoi un po di cotone per l'uncinetto. Ricordati,se lo trovi,è ”pellicano n° 16”
Da tempo quella poltrona è vuota,la casa trasformata,rinnovata,quasi vuota anch'essa,ma ancora piena di ricordi, oggetti,foto ,fantasmi.....
Mi era stato chiesto di mettere un po di ordine,tempo fa,l'ho fatto con cura e amore,sfiorando ricami fatti con fili di sogni svaniti,fragili nella loro delicata inconsistenza di materia, ammirando ed apprezzando lavori senza tempo, preziosi,lavori dalla destinazione ormai incerta,che mai nessuno della famiglia avrebbe forse più rivisto ,toccato accarezzato,come si possono accarezzare le cose belle nel ricordo di chi le ha realizzate,nella malinconia di chi non le ha neanche usate.
Solo qualche foto ,che posto a testimoniare cose minime,ma ricche di intrinseco significato.
quante volte il filo percorre la stessa strada,avanti e indietro,un punto dopo l'altro,quanti i gomitoli di 'pellicano 16' prima che il lavoro prenda forma


e poi vederlo finito,e ancora rifinito con ricche balze dalla leggerezza di vecchi merletti.


perdere gli occhi per non sbagliare un solo punto che pregiudichi il risultato finale,nella monotona ripetitività del motivo

e vedere i particolari perfetti della propria creatività


E la grazia antica di questi ricami che avrebbero dovuto allietare nuove case di giovani spose


motivo di orgoglio ed esempio di laboriosità e pazienza di un tempo quando non c'era ancora la televisione, forse neanche la luce elettrica,e tante altre cose..




martedì 19 giugno 2012

IL GIRALIBRO

Mi appassiono sempre se si parla di libri, certo non sono la sola.
Così ,passando da PAOLA (www.il mondo di paola.blogspot.com) ho letto di una bella iniziativa da parte di un gruppo di amiche:un libro in premio per una poesia,o prosa, che parli dell'estate.
Mi voglio cimentare anch'io con una poesia,già pubblicata sul blog,tempo fa.
Questo è il banner del concorso:
.

E se siete interessate,questo il link del blog:
amichescrittrici.blogspot.it

Io sono andata a curiosare e credo continuerò a frequentare il loro accogliente e piacevole salotto.
questa la poesia che propongo per il Girolibro 2012:

LE STAGIONI DELLA VITA

Con l'oro nei capelli
e il vento che scompone le tue gonne
corri nel grano e papaveri rossi
cingono le tue gambe da cerbiatta.
Nasce il sole e tramonta
stessi orizzonti,giorni tutti uguali,
il fiorir del lentisco
e il frinire assordante di cicale
segnano il tempo al tuo crescer selvaggia
e diventare lentamente donna.

Nasce il sole e tramonta
maturo è il grano,è tempo di raccolto.
I capelli racchiusi in una crocchia
le gonne serie,il passo controllato
poche parole,timido lo sguardo,
quel rossore che tinge le tue gote
ti hanno cambiata,non sei più la stessa:
eri una donna,
ora sei una promessa.

mercoledì 13 giugno 2012

RITRATTI

Il post è già stato pubblicato sull'altro mio blog-Acquadifuoco.blogspot.com
Lo riedito anche quì ,come raccolta di memorie

RITRATTI
Antonio tornava da uno dei tanti avventurosi viaggi nei paesini limitrofi in cerca di qualcosa.Qualsiasi cosa potesse essere mangiata venduta barattata in cambio di altro
Eravamo in pieno periodo di guerra:tempi duri e mancava proprio tutto,a tutti.
Con l'amico e “discepolo” Peppe e due asini,era andato fino a Roghudi.




(dopo l'alluvione del 1952 il paese è stato evaquato e trasferito altrove)

Partendo da casa aveva caricato gli asini di legumi-fagioli,lenticchie,fave,patate gli ultimi ortaggi,ed anche del pesce salato,sarde e sardine,principalmente,da barattare o vendere.
E in paese aveva trovato un po di grano,castagne,del formaggio e altri prodotti che la terra e il lavoro costante degli uomini del paese procuravano e con il prezioso carico,tornavano verso casa.
Strade impraticabili,delle strette mulattiere spesso a ridosso di strapiombi ed a valle l'Amendolea,quasi un fiume,navigabile per circa tre Km,al tempo dei romani.
Camminava silenzioso,Antonio,creando qualche problema al suo compagno di viaggio,molto più giovane e non incline alla meditazione.
Giunti finalmente sul ponte che sovrastava il torrente,si è fermato, per guardare parte della strada appena percorsa e qualche gruppo di case,testimonianza del paese che avevano lasciato.
“Cosa guardi,'Ntoni,che c'è?”
“Niente,ma finamente mi è venuta! Ascolta”
Peppe aspetta ,in silenzio e Antonio finalmente inizia a parlare.
Camminando aveva cercato e limato dei versi per una poesia.

“Vinni meravigghiatu di Roghudi
non sacciu comu campanu ddi mari
i casi fatti supra a nu rrumbuli
e ntornu ntornu ndannu ddu jhumari.
L'omini parinu testi di muntuni
i fimmini sembranu crapi campanari.
E vannu a lu mulinu,schieri schieri,
partinu strippi e tornanu lattari.”

Antonio non era un poeta,ma se la cavava molto bene con le parole,anche troppo,dicevano i suoi avversari politici,perchè i suoi discorsi,i suoi ragionamenti coinvolgevano,convincevano e difficilmente si faceva trovare impreparato.Lo chiamavano il filosofo della politica,ma di questo racconterò un'altra volta,forse.


(I versi sono in dialetto calabrese,quasi arcaico,e tenterò di dare una probabile traduzione:
“Sono meravigliato del paese di Roghudi
non so come vivono quei poveretti
le case costruite su un cucuzzolo
(il paese)è circondato alla base da due torrenti
gli uomini assomigliano a caproni
le donne somigliano a capre rumorose
(le donne)vanno al mulino,a gruppi
partono infeconde e tornano col latte.”

-Come dire che chi va al mulino si infarina.

(gli accostamenti di uomini e donne ad animali domestici forse era dovuto anche al modo di vivere in certi ambienti e in situazioni di promisquità,di misera di ignoranza)
Pubblicato da chicchina a 08:09
Etichette: paesi, uomini

mercoledì 16 maggio 2012

ALBERI DELLA MEMORIA-MEMORIA DEGLI ALBERI

Mi chiedo spesso se gli alberi conservino memoria dei fatti .Io credo di si.
Affidiamo agli alberi,per la loro lunga vita,ma anche per ciò che rappresentano in natura, i nostri ricordi la nostra memoria.
Loro nascono e se curati con amore crescono,mettono rami ,ne perdono,rinascono ad ogni stagione,continuano a dare fiori frutti bellezza.
E quando non ci sono più ,ancora se ne prolunga la memoria,almeno per quelli che hanno la fortuna di trovare un cantore un poeta un pittore un fotografo un narratore.
Penso ad uno dei tanti alberi che ho visto crescere,l'albero di ulivo, già alto da quando ne ho memoria.
E' ancora lì e ne ha viste di cose....
Ha visto crescere ed invecchiare sotto i suoi rami i miei nonni,che
forse lo avevano già trovato accanto alla loro casa.
Ha visto crescere ed invecchiare i loro figli i loro nipoti e pronipoti,siamo alla quinta generazione.

Penso all'Orto del Getsemani,dove Gesù,secondo il Vangelo,si ritirò a pregare , meditare, chiedere conforto al Padre,prima della crocefissione.
foto dal web

Penso all'ulivo che costituiva parte dell'arredo della casa di Ulisse,come ci viene raccontato da Omero.
"Suvvia,Euriclea,apprestagli il solido letto
fuori dal talamo,già da lui costruito;
portate qui fuori il solido,e gettatevi
sopra coperte e pelli e guanciali lucenti"
"Donna,hai detto parole davvero offensive.
Chi potrebbe altrove portare quel letto?
.......................................
..................... un grande segreto
è in quel letto,soltanto da me costruito.
Dentro il recinto un olivo sorgeva di fronde
fitte,fiorente:sembrava il suo tronco
una grossa colonna:intorno ad esso il talamo feci
con pietre connesse,e lo coprii di buon tetto,
porte ben salde vi posi con forti battenti.".

E il Pino,il pino del Caos accanto alla tomba di Pirandello. Ora non c'è più,ma restano racconti schizzi,fotografie,memoria documentale.

foto dal web

E il pino immortalato da milioni di scatti,sulla collina di Napoli?,non c'è più ma ne rimane memoria


Vicino casa posso ammirare lo splendido "castagno dei cento cavalli"che vive fra realtà e mito,ma vive ed attraversa secoli di storia.
..Il Castagno dei Cento Cavalli è il più vecchio albero d'Europa con i suoi oltre duemila anni di vita, per la grandezza il primo al mondo come elencato nel famoso libro "il Guinnes dei primati".


ancora altero e frondoso..



da un dipinto di J.Houel-museo Hermitage-S.Pietroburgo

E il melograno del Carducci? Quanti di noi non hanno recitato qualche verso della poesia che lo consacra alla memoria?



Sono stata a vedere il pino dove si dice abbia riposato Garibaldi,attraversando,ferito,la Sila.



Per tornare quasi alla contemporaneità,l'albero di Falcone,a Palermo,memoria viva di fatti tragici e di sentimenti di ribellione di rivalsa di un popolo ancora in bilico fra due mondi,quello della legalità e della giustizia e quello del malaffare della illegalità della politica grigia e collusa.


Penso al carrubo,esempio di forza e scarse pretese,pronto a regalare frutti abbondanti e la frescura delle sue fronde senpreverdi,proprio in zone particolarmente aride.

sulla strada per Ispica -RG-


Alberi con addossi i segni del tempo e i capricci del caso

alberi-non- alberi,come raffinate sculture


Alberi dalle forme strane,contorte,misteriose.

Il post resta aperto ad altri eventuali contributi da parte di chiunque voglia partecipare.Grazie

lunedì 30 aprile 2012

IL PRIMO MAGGIO NEI MIEI RICORDI

E' il I° maggio:festa dei lavoratori e del lavoro.
Ma di qusti tempi il lavoro manca e i lavoratori hanno poco da festeggiare.
Negli anni sono cambiati i bisogni,è cambiato il lavoro,sono cambiati i motivi di lotta, i traguardi da raggiungere.
E la giornata del I° Maggio,nelle sue manifestazioni nazionali, si è adeguata,diventando negli ultimi anni momento di festa, di partecipazione,di colore.

Quando la festa era stata ripristinata,dopo la parentesi del fascismo,ero una bambina.Da allora e per moltissimi anni è stato per me un appuntamento fisso.
Aspettavamo con gioia, e per noi ragazzini era un'occasione unica, coincideva anche con la fine dell'inverno,i primi vestiti leggeri.
Ci preparavamo per tempo,io e i miei fratelli e poi con mio padre arrivavamo in paese.Lungo la strada si formavano dei gruppi,sempre più numerosi,perchè il nostro era un paese agricolo e per un giorno il lavoro,tutto,si fermava.
Facevamo sosta dagli zii che abitavano all'inizio del paese.
La zia ci faceva trovare sempre qualche dolcetto,della limonata fresca e dissetante.

Mio padre ci lasciava per andare con gli altri compagni:c'era da organizzare il corteo,distribuire le bandiere,assicurarsi che ci fosse la banda,il palco per i comizi,i volantini da distribuire.
Noi assaporavamo il lato più "commerciale"della festa:gelati,qualche banchetto con nocciole,torrone,collanine e roba simile.
Ma quando il corteo era pronto,tutti noi ragazzi eravamo in prima fila,con le nostre coccarde le nostre bandiere,(chissà se erano formato speciale adatto a noi?).
Era una festa di colori,un fiume di persone sotto un mare di bandiere che si muoveva per le strade del paese,e cresceva ad ogni angolo di strada,le porte e le finestre delle case aperte amplificavano se possibile gli inni che la banda
intonava ,e che molti di noi cantavano.

Il corteo terminava in piazza dove c'era sempre qualche bravo oratore che spiegava il senso della festa,le lotte che bisognava portare avanti,i risultatiche si erano ottenuti,o sperati soltanto...
Finita la festa era problematico ritornare a casa perchè mio padre si fermava continuamente a parlare con gli amici,a commentare,a salutare.E noi non vedavamo l'ora di arrivare e riposare.

L'inno,scritto da Filippo Turati nel 1893,quì completo, risente certamente della retorica del tempo,ma emoziona ancora.
Spero piaccia anche a voi



NOTA A MARGINE
Ho parlato del primo maggio come lo ricordo,nel mio paese,dal quale manco da troppi anni.Un'articolo di stampa di oggi mi conferma che la tradizione continua,ininterrotta,allora era solo PCI.



Bova (Rc): manifestazione del primo maggio del Pdci

Lunedì 30 Aprile 2012 10:03
Anche quest’anno grande manifestazione del Primo Maggio a Bova Marina.
La tradizionale manifestazione di Bova Marina rappresenta, indubbiamente, il Primo Maggio più longevo.
Ebbe inizio nell’immediato dopoguerra e non fu interrotto neanche quando nel 1950 i cortei del Primo Maggio furono vietati da una circolare del ministro Scelba.
Si tenne anche in quell’anno e da allora, anno dopo anno, si è arrivati a questo Primo Maggio 2012, ancorché alcuni dei suoi maggiori protagonisti, come Domenico Larizza, Leo Autelitano detto “u caciutu” e Leo Marino, putroppo,  non sono più con noi.
67 anni: un primato invidiabile e irraggiunto, visto che negli altri centri della provincia il Primo Maggio non viene più solennemente celebrato da tantissimi anni con il corteo per le vie del paese e la banda musicale.
Quest’anno il programma del Primo Maggio prevede il concentramento dei lavoratori in Piazza Stazione alle ore 17.00, da dove partirà il corteo per le vie di Bova Marina.
La manifestazione sarà conclusa a Piazza Municipio, dove si terrà un concerto della Banda musicale diretta dal maestro Stelitano e il pubblico comizio del prof. Pasquino Crupi, intellettuale meridionalista, e del segretario regionale  dei Comunisti Italiani Michelangelo Tripodi.
Si prevedono delegazioni dei paesi vicini, mentre dalla Francia, dove si trova per la sua attività letteraria, ha inviato un messaggio d’auguri lo scrittore Gioacchino Criaco.  

giovedì 16 febbraio 2012

RACCONTANDO I MESTIERI DI UN TEMPO....


La cardatrice.

Agosto era già finito,con i suoi lavori di raccolto e settembre arrivava carico di i colori profumi e promesse,profumo di uva di mosto di fichi secchi ,di altre conserve già riposte per il freddo inverno.Le promesse e le speranze erano botti di buon vino,olive buone per l'olio,e per la tavola,declinate in mille modi,ma sempre appetitose e degno accompagnamento dei frugali pasti quotidiani.

Lei arrivava,senza preavviso e senza essere chiamata,proprio in questo periodo..
Era alta,magra,gonne ampie alle caviglie,ed ai piedi improbabili scarpe su calze pesanti,con ancora addosso la polvere di lunghe strade e viottoli percorsi a piedi.
Era la cardatrice,per noi bambini “a zza surda”,la zia sorda,o “a cardatura”.
In effetti si chiamava Anna e non era sorda,e ce ne siamo dovuti rendere conto,nostro malgrado,noi bambini che approfittavamo di questo presunto difetto,per i nostri scherzi infantili.
Non era neanche nostra zia.
Arrivava direttamente a casa nostra,si portava dietro una sacca di tela e sottobraccio i suoi attrezzi da lavoro,avvolti in un pesante telo e ben legati.
Lasciava in un angolo il suo minuto bagaglio, mangiava qualcosa,per chiunque arrivasse ed a qualsiasi ora,mamma apparecchiava la tavola con il poco che si trovava in dispenza, era una forma di saluto e di rispetto per l'ospite.

Subito dopo andava a salutare la nonna che abitava vicino a noi,ed anche altri vicini di casa.Era una forma di cortesia ma anche un farsi vedere,dare la proprioa disponibilità a fare il lavoro .
L'inverno si avvicinava ed era saggio avere tutto pronto per filare tessere lavorare a maglia,nelle lunghe e fredde giornate.

foto dal web

Cardava lana,lino,canapa ed anche ginestra. Era abilissima nel suo lavoro,che preparava meticolosamente,quasi un rito.


foto dal web-lana pronta da cardare

foto dal web-il cotone,coltivato da nonna Cristina

dal web-fibre di ginestra

Apriva il telo e noi aspettavamo di vedere cosa contenesse:
Erano le carde.Tanti piccoli denti di acciaio ricurvo,mobili e fissati con precisione su un pannello di cuoio grezzo,a sua volta fermato su un'asse di legno.Due assi uguali che durante la cardatura lavoravano in modo che i dentini si incrociassero nei due versi opposti.
Sistemati gli arnesi su una panchetta bassa,si sedeva su uno sgabello ed iniziava a lavorare.

La lana ,depositata a mucchietti sulle carde,veniva tirata più volte,finchè i nodi si dipanavano pian piano come per incanto e la morbida fibra era una piccola striscia soffice,omogenea.







foto dal web.Le carde usate allora erano molto più rudimentali,e da tavolo.


A questo punto,con un gesto rapido ed abilissimo,la maestra sollevava questa nuvola bianca,la avvolgeva su se stessa e la depositava su una cesta,accanto.La lana ora era pronta per essere avvolta nella rocca-la conocchia-e filata.
Contunuava fino a sera,con brevissimi intervalli.

La cena servita per tutti e poi non bambini la circondavamo chiedendole di raccontarci qualcosa

Lei accusava la stanchezza ma poi cedeva,ci raccontava storie di paesi che non potevamo conoscere,di case di ricchi signori dove pure andava a lavorare,di fantasmi che incontrava quando,approfittando della luna piena,continuava a spostarsi da un paese all'altro anche di notte.

Andava avanti per qualche giorno,continuando a lavorare anche il lino,la canapa,la ginestra,quando c'erano.
Il rumore ritmato delle carde,accompagnato da gesti sempre uguali,ci incantava,forse ancor più delle storie che ci raccontava.

Quando finiva da noi,si spostava con gli attrezzi, dalla nonna,e via via dagli altri vicini.
Poi il lavoro finiva,l'inverno si avvicinava e lei,così come era arrivata,ripartiva.Nella sua sacca c'erano legumi,olio,sapone fatto in casa,zucchero,pane e quanto era possibile portarsi dietro:c'erano pochi soldi e parte del lavoro era pagato in natura.

mercoledì 25 gennaio 2012

COME ERAVAMO....

Riprendo e pubblico qui una bella pagina della nostra storia di ieri:
usanze dettate dalle necessità,belle foto di epoca e racconti di antichi mestieri,oggi superati..

Su concessione di Rosy-www.cantastoriediblogspot-rosy.blogspot.com

..... quado compravamo col libretto.
A voi che andate nei centri commerciali e negli ipermercati sembrerà ridicolo ma io ricordo che quando ero bambina ogni famiglia povera si presentava dal salumiere o dal pizzicagnolo con un libretto. La magra spesa che il capo famiglia o un suo incaricato faceva e non poteva essere pagata subito, (non c’erano soldi), ma veniva registrata in duplice copia sul libretto, uno per ogni famiglia e uno per ciascun commerciante. Un paio di volte all’anno si faceva la somma e si pagava il debito accumulato. Se non si poteva pagare, spesso il negoziante smetteva di fornire merce ed erano guai: i commercianti, nonostante tutto, era una categoria potente e benestante.Stiamo purtroppo ritornando ai vecchi tempi, anche ai centri commerciali si fa la spesa e si paga alla fine del mese, invece del famoso libretto che io ricordo tanto bene, oggi, si usano le varie carte e tutte hanno un nome diverso,ma il risultato non cambia.
La miseria sta entrando di nuovo in ogni famiglia, e questo mi spaventa, per i giovani
Un popolo che dimentica il passato, non potrà mai sperare in un futuro migliore
Amato postino che sapeva vita, morte e miracoli di tutti, pochi sapevano leggere all'epoca e lui, di solito leggeva anche le lettere che consegnava..Che bella figura che era.


Paesi solitari dove ogni vita nasceva e cresceva tra vicoli e vicoletti anonimi i quali rendevano anonima ogni vita. Ora so che invece nessuna vita è dimenticata e nè anonima..da loro siamo nati noi.



L'arrotino

Il gelataio, la gioia dei bambini e anche dei grandi. Non sempre era possibile comprarlo direi e senza ombra di dubbio che poche erano le volte che lo si poteva comprare.Il gelato era un superfluo che andava conquistato, facendo i bravi.


ma anche quando si era bravi c'era sempre qualche problema a comprarlo.

la serenata


lo spazzacamino


Il ciabattino.
Mio nonno materno era ciabattino, lo ricordo seduto sempre dietro a uno scannetto come questo nell'immagine. Era un uomo mite e di poche parole..ma aveva un solo difetto..ogni volta che lavorava e una puntina detta in gergo (semenzella) andava storta..bestemmiava tutto il calendario.



Le famiglie del mio paese, somigliavano molto a questa immagine. Donne che hanno lavorato accanto agli uomini zappando come i loro uomini, senza mai perdere la loro dignità e femminilità.


La sartina
Altro punto di incontro con il paese erano le sartine,anche loro come i postini, sapevano un po' i fatti di tutto il paese.Inoltre, era anche un buon partito e di solito si sposava col sarto del paese e poi vivevano per tutta la vita insieme in una stanza a cucire sempre.


E' sera.
Gli uomini di solito di sera andavano in cantina, le donne si riunivano per quattro chiacchere intorno all'antica TV... Tutti insieme vecchi, giovani e ragazzi e qui intorno al camino ho ascoltato racconti e fatti antichi vissuti da loro e dai loro genitori. Racconti che custodisco da sempre nel mio cuore.Questo era per me il momento più bello, ascoltare le storie dei grandi, per poi sognarle e fantasticare a letto in'attesa di Morfeo.



(I ricordi sono come grappoli d'uva tra chicchi maturi e dolcissimi si nasconde sempre il chicco acerbo. Tra bozze e post pubblicati la bacheca mi dice che siamo arrivati a 86 storie e 86 era il mio numero in collegio, appiccicato, ovunque, quell'86. Ancora lo odio. Forse vivrò fino a 86 anni;))? Se così fosse mi accontento.

Grazie Rosy!