lunedì 26 dicembre 2011

ERA NATALE

Per la serie:ricordi e sapori ,riporto il post prelevato da
www.soffio-terapeuta.blospot.com ,dopo autorizzazione dell'Autore che ringrazio ancora.
Forse l'Italia di allora era più unita,più uguale,e la scarsità di beni disponibili non era necessariamente fame o privazione,ma solo utilizzo oculato delle risorse,poche,accuratezza ed amore nella gestione familiare,e non ultimo,il sapersi accontentare.

"ERA NATALE.
Questo é un post da anziani.
In effetti la Repubblica concedendo la pensione di anzianità lo ha certificato, poi ho lo sconto al cinema, quindi...non si scappa.
Per la verità io guardo a oggi e al futuro, ma lo sconto al cinema lo fanno, quindi posso ricordare.
Oggi parlo con tante persone e tanti parlano del Natale come di una fatica, qualcuno afferma che non vede l'ora che passi.
In effetti il Natale ci piomba addosso, di corsa, lo viviamo di corsa, da fine novembre quando iniziano a esporre gli alberi natalizi.

Quando ero bambino (e quì comincia l'anziano) il Natale era il tempo dell'attesa, ed era palpabile.
L'albero e il presepe si facevano l'8 dicembre, ma le palle dell'albero erano di vetro e si maneggiavano con cura, avevano un gancino delicatissimo per appenderle e non erano fatte in Cina.
Si appendevano ancora i mandarini e quando c'erano, i cioccolatini fatti a stella o a angelo, pochi però.
Lucine niente, era ancora un lusso venuto col tempo.
Il presepe era fatto con cura, Gesù si metteva solo il 25 e i re Magi arrivavano un pò alla volta.
Il dibattito sul cibo era sempre quello, tortellini o lasagne???
Prevalevano sempre i tortellini, e le lasagne si facevano ugualmente ma per S. Stefano o fine anno.
Mia madre faceva tutto a mano.
La soglia per i tortellini con il mattarello, e doveva essere rotonda e trasparente, segno inequivocabile di capacità.
Mia madre aveva le mani sempre calde e questo é un vantaggio importante per impastare bene.
Raccontava sempre che era la prima cosa che si faceva fare a una sposina novella, mentre le anziane guardavano sferruzzando con apparente disinteresse.
Anche la pasta verde per le lasagne si faceva a mano, altro che rettangoli già pronti.
E quando si calava nell'acqua bollente i rettangoli di pasta, li si toglieva uno a uno e si posavano bollenti con le mani, e mia madre non diceva mai nulla, al massimo "però..son caldi".
A me piaceva il primo strato, quello che in forno si abbrustolisce maggiormente.
Ovviamente non mancava il lesso con la salsa verde, e io potevo aiutare a tagliuzzare le verdure necessarie, così alla fine restava l'odore di cipolla per due giorni nelle mani, anche se ci si lavava spesso.
Naturalmente brodo di cappone, quello che gli "occhi", e il cappone si mangiava lessato, mentre la gallina finiva arrosto.
Era un tempo di attesa, di vera attesa, si sentiva lo scorrere del tempo, si doveva attendere, le agende dai mille impegni non si usavano, non avevamo neppure il telefono.
Poi il dolce, e quì si apriva un dibattito, che dolce fare??
La scelta immancabile era tra la zuppa inglese e il bastone di cioccolata.
Io però sapevo che si finiva per farli entrambi perché nella zuppa inglese si mette l'alchermes e i bambini non possono ubriacarsi.
Il bastone di cioccolato era piccolo e io ero addetto a sminuzzare i biscotti.
Lo si metteva fuori dalla finestra perché il frigo non c'era, e io potevo pulire il tegame utilizzato, passando il dito nel residuo di cioccolata e leccarmi il dito che magari sapeva ancora di cipolla.
Spesso per Natale nevicava, allora c'erano ancora le stagioni, e la neve persisteva per settimane ed era normale, così come erano normali i ghiaccioli alle finestre.
Ovviamente cercavamo di rubarli per succhiarli e ciò era proibito perché erano sporchi.
Sporchi?? non immaginavamo l'inquinamento di oggi, le polveri sottili non sapevamo neppure che esistessero.
Infine il regalo di Babbo Natale.
Il regalo vuol dire UN regalo.
Per anni ho desiderato un "forte" per i soldatini, non ne avevo più di una dozzina, ma il forte non é mai arrivato, lo facevo io con le merlette da bucato, che allora erano di legno.
Sperava tanto che mio nipote giocasse con i soldatini così gli avrei regalato un forte, ottima scusa per me, ma oggi ci sono i bakugan.
Si stava prevalentemente in cucina al caldo della stufa con i cerchi in ferro, e quando c'era particolarmente freddo il bagno lo facevo dentro una tinozza in metallo vicino alla stufa.

Beh....scusate, é roba da anziani.
Non so se scriverò ancora prima di Natale e dunque, nel dubbio....BUON TUTTO A TUTTI.

Era un tempo di attesa "

Grazie ancora Giuseppe,i ricordi hanno questo dolce sapore proprio perchè siamo nonni,quindi ,secondo la logica corrente,anziani!

martedì 20 dicembre 2011

DOLCI:IL SAPORE DEI RICORDI



Si avvicina il Natale,per tutti tempo di gioia,di armonia, di dolci e di ricordi.

E proprio da questo spazio,dedicato ai ricordi,davanti al caminetto acceso
vi invito leggere questo raccoto,ricco di nostalgia e di un po di rimpianto,per il tempo andato.




LE BOCCHE DI LEONE

"Fare colazione con le bocche di leone,nome che ricorda una pianta di primavera e che in quest'angolo di Maremma indica un dolce da forno del passato.

Ho scoperto che vendono ancora le Bocche di leone in una panetteria del centro,in piazza Gramsci,vicina all'orribile fontana in marmo,disegnata da chissà quale artista che getta scrosci d'acqua in una pozza stagnante circondata da bambini.
In alto ci sono acora tre orologi disposti ad angolo,che ricordano il vecchio nome della piazza,prima della liberazione.

Le bocche di leone sono le mie 'madeleines' meno nobili,certo,ma contengono un passato di bambino che fa colazione a scuola dopo aver scartato l'involucro giallastro e morde un dolce prelibato.
Pasta reale modellata a forma di brioche,farcita di burro e panna,schizzata di archemes,divisa in due,aperta come la bocca di un leone che sorride e mostra la dentatura.

Archemes fatto con acqua di rose come ai tempi di Caterina de' Medici,alla corte di Francia,cannella vaniglia cocciniglia cardamomo,chiodi di garofano,alcool, acqua e zucchero.
Le mie bocche di leone hanno un sapore dolciastro e lieve,ricordano l'infanzia,morso dopo morso.
Ti semti pervadere dal profumo del passato addentando la sostanza burrosa che si fonde con la pasta reale ed il liquore rosso,rivedi la pasticceria Pastori,all'angolo del corso,dove si radunavano i ragazzi dopo la scuola,per tirare tardi al pomeriggio,vasca dopo vasca.

Ripensi a tua madre in un picolo negozio Coop,che non esiste più,alle prese con i conti da far tornare,mentre compra la merenda per scuola e ti da un bacio quando oltrepassi il grande cancello di ferro battuto.
Ritrovi un forno del centro dove una signora tastava pani da un chilo,prima di servirli,incurantedelle regole di igiene,come se li avesse dovuti mangiare lei.
“Un bel pane cotto a legna per questo bambino” diceva.
La bocca di leone veniva dopo,la incartava a parte,avendo cura di non fare appicicare il prezioso contenuto nella confezione.

Non hanno più il sapore di un tempo,le mie bocche di leone ,proprio come i semi di zucca che ogni tanto provo a comprare nonsono gli stessi che vendevano al cinema Sempione prima del doppio spettacolo domenicale.
I tempi passano e i sapori cambiano,oppure siamo noi che cambiamo e cerchiamo le 'madeleines' della nostra vita per fermare il temposapori e odori che non torneranno,ricordi confusi nella memoria,sogni di bambino.

E allora addento quella pasta dolciastra,acquistata nella panetteria di piazza Gramsci,gusto lo sciroppo rossastro confuso tra panna burro e pasta reale,trovo un sapore amaro che non ricordavo,un sapore strano,come di tempo che scorre tra le dita come sabbia e non lo puoi fermare,un sapore di rimpianto".


Il racconto ,che fa parte del nuovissimo volume
-"PIOMBINO A TAVOLA-RACCONTI E RICETTE"-,è da me pubblicato su licenza dell'autore,Gordiano Lupi,che ringrazio.

per ulteriori notizie sul volume e sull'autore:
www.ilfoglioletterario.it-
www.infol.it/lupi


Lascio per gli amici che mi seguono ma anche per chi passasse da qui per caso gli auguri per un Sereno Natale,col calore degli affetti ed un Nuovo Anno
di speranza e di pace.
Chicchina

lunedì 12 dicembre 2011

LONTANO NEL TEMPO

Ho chiesto all'amica Diana di riprendere questo suo post,per il mio blog dei ricordi,come lo chiamo io.
La sua è una bella idea,ma dietro ad ogni idea c'è una mente che elabora,una sensibilità che sa cogliere attimi di felicità,di vita intima,per custodirli con amore in una specialissima teca,la memoria.
Grazie,Diana-Bruna


LONTANO NEL TEMPO






Esplorazioni a gattoni....
le punte sciupate...
il succhiotto in bocca...
le prime parole...
i prima passi...
Poi...ognuno a cercare la propria strada, perchè la vita attende.
E qua, appesi, i ricordi del meglio di me:
i miei figli e i miei nipoti.


Diana-QUELLA LUCE DI LUNA.blogspot.com

domenica 20 novembre 2011

RICORDI IN BIANCO E NERO

Ho letto un bel post,da Costantino,e l'ho trovato in linea con i contenuti di questo blog:foto in bianco e nero,e un po di nostalgia nel ripercorrere fatti e avvenimenti
di un quotidiano comune a tanti di noi.Lo ripropongo,dopo esserne stata autorizzata,ovviamente.

MIO PADRE E IL RAGIONIERE

. . C'erano poche comodità. D'inverno si stava al caldo nella stalla, nella bella stagione ci si lavava nelle rogge. Io, minuscolo com'ero, avevo un vantaggio, occorreva poca acqua per me.
Mio papà Gaudenzio coltivava barbatelle, le talee della vite.
Il ragioniere faceva l'assicuratore, veniva una volta all'anno dalla città, con la sua millecento, a riscuotere la polizza incendio.
Per noi era una festa, e lui si fermava volentieri a cena.
Risotto, quello buono con i fagioli, preparato dalla mia nonna, salami della duja, una fetta di gorgonzola, corniole e pere del nostro giardino.
Una bottiglia di Greco bianco, della collina dei Dinuni, sopra la frazione Balchi.




Brava persona, esperto di infinite cose, il ragioniere aveva molta influenza su mio padre, soltanto lui poteva convincerlo a comperare gli strumenti della modernità.
Era il mio alleato.
Nel '56 lo invogliò ad acquistare l'automobile, una giardinetta belvedere.
L'anno dopo, la televisione: "Gaudenzio, è un sacrificio per te. Ma aiuterà il tuo bimbo, che comincia le elementari, a riuscire negli studi. Me lo vedo studiare legge, diventerà, forse un giorno, qualcuno...".
Poi i servizi igienici in casa.
"Sì, è una comodità, ma ogni volta mi costerà almeno una lira", tentò una difesa mio papà.



Avevo sedici anni quando il ragioniere prese commiato, andava in pensione.
"Venite a trovarmi, vi offrirò il caffè del bar. E tu, Costantino, studia!".

A ventitrè anni mi laureai in legge. Il mio svagato modo di essere mi impedì di festeggiare. Però mi venne in mente, con un non percepito sorriso, che una missione era compiuta.
Ma erano, ormai, gli anni settanta.
E la televisione, spesso, la spegnevamo annoiati.

Dal blog di COSTANTINO:www.mostrelibriluoghi.blogspot.com

sabato 29 ottobre 2011

QUANDO LE NONNE FILAVANO

...E NOI GUARDAVAMO INCANTATI LE MANI VELOCI E RUGOSE..
Quante cose ho imparato guardando vivere, giorno dopo giorno,stagione dopo stagione,i miei nonni i miei genitori!
Quanti libri mi sarebbero serviti,in cambio....
Dalla nonna materna andavo volentieri e ci stavo per delle settimane:tutto aveva un ritmo diverso rispetto a casa mia. E poi lei allevava il baco da seta ed io mi perdevo ad osservare con meraviglia la cura e anche la fatica che questo lavoro richiedeva.
In vari periodi ho seguito tutte le fasi dell'allevamento. Gli zii tornavano a casa,la sera,con le foglie di gelso per nutrire i bachi-o bruchi.
La zia si occupava di disporre le foglie fresche e pulire i cannicci dalle foglie vecchie. Quando i bozzoli erano maturi c'era lo srotolamento dei fili di seta . Mi era inspiegabile quella meraviglia,una magia.


bozzoli di seta,pronti per essere srotolati, in lunghi fili lucenti

Ancora più magica la trasformazione di quei fili dorati in filati resistenti e brillanti e successivamente in tessuto che miracolosamente nasceva dalle mani abili della tessitrice,la nonna o la zia che si alternavano al telaio.


donne al telaio

Il ritmo,cadenzato,della navetta che attraversava una galleria di inestricabili fili,della cassa che chiudeva ogni passaggio,dei pedali che cambiavano posizione per seguire disegni,non scritti,ma ben presenti nella mente di chi lavorava,quel ritmo era musica,dolcissima,per me.


navette ,e altri attrezzi necessari per la tessitura

C'era il lume a petrolio,e le sere di inverno c'era il fuoco sempre acceso,c'erano le castagne,i fichi secchi,i racconti del nonno e le mani della nonna sempre in movimento,il fuso che girava ed il morbido filo che cresceva,arrotolandosi,le fiamme del focolare che davano note magiche a tutta la scena. Io guardavo ascoltavo osservavo e sognavo.


filatrice

Sognavo già,quando la nonna mi prendeva in braccio,addormentata per mettermi a letto:non c'erano stufe, radiatori,pompe di calore.
Ma trovavo il letto già misteriosamente tiepido e le coperte di lana,tessute a telaio,calde e avvolgenti.


tipica coperta in lana

Sono stata fortunata,sono cresciuta in una famiglia di gente laboriosa,orgogliosa della propria autonomia,limitata nelle pretese,ma che non mancava di sogni,di creatività,di speranze.
Cercare qualche ricordo di quella vita è come ricostruire un puzle di luoghi,di volti,di voci.
Nonna Anna,la sposa bambina,dolcissima e generosa.
Nonno Ferdinando,che amava gli scherzi,le battute salaci e il buon vivere. Ma lavorava sodo,
trascinando con l'esempio anche i figli,che lo seguivano, finchè non hanno dovuto scegliere altre strade in cerca di una vita diversa e migliore.
La zia, coccolata da tutti perchè la più giovane. Le piaceva giocare,chiacchierare,ma il lavoro,in casa,aveva la precedenza,e ce n'era di lavoro da fare...

Alcune foto,dall'archivio della memoria



La conocchia (rocca?) reggeva le fibbre da filare



Un vecchio fuso




antichi licci



vari tipi di lavorazione di coperte,di solito di lana,ma anche di ginestra


(Alcune foto sono mie,altre prese dal web)

martedì 13 settembre 2011

UN SALUTO-

Non riesco a lasciare commenti sul blog.Sono ancora latitante,in una vacanza lunga,molto lunga calda ma piacevole.Sono accompagnata da una "deliziosa" nuvoletta fantozziana,ora protettiva ora minacciosa.Rientrerò presto,spero,se la nuvoletta si dissiperà.Tutto bene comunque.Un salutoagli amici chehanno lasciato dei commenti.Un abbraccio per tutti e spero che si risistemianche la possibilità di entrare e lasciare i miei commenti dirisposta.

venerdì 5 agosto 2011

OGGETTI D'USO...IN DISUSO

Ci vediamo fra qualche settimana-Ciao



Ci fate caso a quanti oggetti,nati per darci una mano in casa,spesso anche belli esteticamente oltre che funzionali,restano ,nelle migliori delle ipotesi,in qualche angolo,accantonati, dimenticati,o come semplici oggetti "da vetrina",se non del tutto eliminati come inutili,sorpassati,antiquati?
Mi sono portata dietro molti oggetti che in casa,la mia casa da ragazza,sarebbero
stati eliminati.Altri ne ho raccolti,strada facendo,in casa di parenti,amici ,altri ancora acquistati perchè utili al momento,ma io faccio già parte se non proprio dell'antiquariato,quanto meno del ..modernariato.Si chiama così il periodo dagli anni venti in avanti?.

Molti di questi oggetti mi fanno una tenerezza infinita,per la loro semplicità,per la storia che si portano dietro,per l'ingenuità di chi li ha ideati.

Iniziando dai lavori delle nostre nonne:un astuccio che all'interno conteneva uncinetti dei vari numeri-semplice geniale,economico



Un vecchio ferro da stiro,molto usato dai sarti per averlo sempre pronto e a portata di mano.In casa si usava quello con la brace,che bisognava ravvivare continuamente.



I lumi a petrolio davano la luce necessaria,anche per poter lavorare di sera,ai ferri,o ricamare.Spesso c'erano anche le lucerne dalla luce più fioca e tremolante.
I vari lumini per candele,le bugie,già sono più recenti.



E qui alcuni oggetti da cucina-

Il bollitore in alluminio,valvola e griglie,per sterilizzare i biberon e le tettarelle-l'ho usato per i miei bambini,ora per gli asparagi..
la vaschetta per il ghiaccio-(quando ancora non c'era la plastica!)
un apriscatolette tradizionale,ne sono venuti di più moderni,spesso meno efficaci
fino alle apertutea strappo,con buona pace dei piccoli incidenti occasinali.



E ancora il vecchio battipanni.Questo,in verità l'ho usato poco anch'io,ma mi piace come oggetto.



E una serie di mortai-In legno,bromzo e marmo-per il pesto



E per finire il vecchio caro macinino da caffè e la familiare "napoletana"







Non poteva mancare la gloriosa Lettera 22,con valigetta e accessori vari
una mini cucitrice,ancora efficiente e la bilancina pesalettere,per chi lavorava in viaggio.

martedì 12 luglio 2011

Adesso vado al mare.

Chiudo bottega per qualche settimana:mi concedo una parca vacanza,tutta casa mare chiacchiere e...qualche sporadica abbuffata.
Prometto delle belle sorprese,al ritorno.Andrtò a caccia anche di racconti e cose varie per arricchire il blog.
Saluti cordialissimi ai passanti e qualche foto.

Siamo a San Biagio Platani_prov Agrigento.
Particolari degli "Archi di Pasqua"



ghirlande di foglie e fiori di pasta di pane,su supporti di canne e legno.



Mosaici ottenuti con semi e legumi,al naturale
-notare la varietà di colori.




Imponente struttura creata con i soliti materiali:canne,cannicciole bastoni in legno
Chiude un tratto del Corso, davanti alla chiesa.




colonne ...di pane



Una visione d'insieme di una parte del Corso

sabato 4 giugno 2011

STORIE E RICORDI DI VITA

Ricordare è un privileggio riservato a chi ,vivendo,non ha paura di guardare indietro
e trovare dei valori anche nelle piccole cose,nelle inefficienze,nella semplicità della vita di altre stagioni.E non è necessariamente legato all'età anagrafica.
Riporto con piacere quanto scrive un'amica di blog,dalla quale ovviamente sono stata autorizzata.

In via Villa Bianca

Da piccola abitavo in una casa molto vecchia, che sorgeva in una via lontana dal centro del paese e con un nome molto pomposo : via Villa Bianca . Ricordo che, dove si scrostava l’ intonaco, apparivano dei pezzetti di paglia nell’ impasto che univa i mattoni.
Essa era divisa in due proprio dalla scala che portava al primo piano . Ci abitavamo noi (cinque figli più genitori) e un’ altra famiglia (due figli più genitori). La stranezza è però che noi avevamo le stanze da letto sopra alla cucina dei vicini e loro le avevano sopra la nostra : penso che il motivo fosse sia perchè così noi potevamo usufruire di una piccola stanza in più , sia perchè in questo modo si divideva in modo più equo l’ esposizione al sole, già scarsa perchè la casa era orientata verso nord ( la parte a mezzogiorno apparteneva a un’ altra famiglia).
Al secondo piano c’ era la soffitta (che noi chiamavamo tassellmort), dove si accumulavano via via le cose che non si usavano più , dove si sistemava la legna per l’ inverno e dove io mi avventuravo qualche volta per gioco, ma sempre col batticuore. I pavimenti in mattoni erano molto consumati e i gradini delle scale erano stati incavati dal passaggio di chissà quanti piedi nel corso del tempo. Non c’ era acqua corrente , ma solo un pozzo artesiano in fondo al cortile.
I nostri vicini erano brave persone, ma non nuotavano nell’ oro , proprio come noi, e le difficoltà spesso facevano sorgere discussioni . Quando però c’era silenzio , mia madre, forse un po’ maliziosamente ironica commentava : – Certo staranno leggendo il giornale del partito !!- Una volta, per curiosità mi sono proprio avvicinata alla loro porta e, devo confessarlo, sono stata lì ad origliare per qualche minuto: era proprio vero !!! Una voce leggeva il giornale e gli altri stavano ad ascoltare in religioso silenzio….
Erano infatti i tempi ben descritti da Guareschi con i personaggi di don Camillo e di Peppone e i nostri vicini avevano sul camino,là dove mia madre teneva il crocifisso , le foto di Stalin e di Lenin. Questo però non comprometteva affatto i buoni rapporti di vicinato e si era sempre pronti a darsi una mano per portare a termine le operazioni più faticose, come sistemare in soffitta la provvista di legna per
l’inverno o fare il bucato grosso.
Ricordo che nelle sere d’inverno ci si riuniva dopo cena in filoss (conversazione) o per giocare a carte ; e in estate invece ci si sedeva fuori accanto al portone a sentire i racconti dei grandi e i commenti alle notizie della radio, mentre si combatteva strenuamente contro l’ assalto delle zanzare, in attesa che la notte portasse un po’ di frescura nelle stanze e si potesse così prender sonno.

Postato da :WWW.nonnaonline.it

venerdì 27 maggio 2011

IL PAESE DEL GRANO




Era il paese del grano,il mio-
Colline che in maggio erano verdi come la speranza dei contadini che attendevano fiduciosi.
Colline che diventavano d'oro in giugno,e a luglio brulicavano di uomini e donne,un formicaio umano che raccoglieva fino all'ultima spiga, perché ogni spiga rappresentava una possibilità in più di sopravvivenza.







Era il paese del lino,lunghi e fragili steli che ondeggiavano ad ogni brezza e si coloravano di tenero azzurro prima di dare semi abbondanti per la prossima stagione e preziose fibre che mani sapienti avrebbero trasformato in filati e tessuti di pregio. Altre mani vi avrebbero ricamato sopra trame di sogni e di colori aspettando l'amore ed una nuova famiglia.







Era il paese dei fichi. Il caldo sole mediterraneo li faceva maturare e non costava fatica farli essiccare su cannicci intrecciati con le ginestre.
Sarebbero serviti,e come,nei lunghi giorni di inverno, quando erano spesso companatico,frutta e trasformati in dolci,diventavano il lusso delle feste natalizie.

Era il paese del sole,sole che nelle interminabili giornate estive disidratava la terra gli alberi gli uomini,gli animali,mentre solo le cicale riuscivano ancora a resistere e cantare in un supremo tentativo di sopravvivenza.
Era il paese:la gente ci nasceva,viveva e spesso moriva senza mai spostarsi troppo.
Si accontentavano di poco,quando il niente era la normalità e il di più un lusso per qualcuno.

I giorni succedevano ai giorni e le stagioni segnavano il calendario dei lavori,delle nascite
del raccolto.
Nella bella stagione si poteva sentire qualche chitarra accordarsi ad un organetto per estemporanee serenate,complice la luna .
E la frescura della sera invitava a lasciarsi andare,si parlava,si raccontava.
D'inverno il fuoco e qualche bicchiere di vino creavano strane complicità fra le generazioni. I bambini pendevano dai “fatti”raccontati dai nonni, parte integrante della famiglia.

I “fatti”erano un sostituto delle favole,racconti non scritti di cose capitate a qualcun' altro in luoghi e tempi non definiti.
Erano sempre gli stessi e solo la bravura di chi raccontava riusciva a creare ogni volta nuovo interesse.
E si cresceva,in fretta,si frequentava la scuola,certo,ma la vita completava l'insegnamento pratico.
Non so e non voglio dare valutazioni,se era meglio o peggio. Non c'era scelta, nè modelli di riferimento.

Era la storia,in cammino.
Di questa storia,storia minima,forse insignificante,con la "esse "minuscola,io ne sono stata parte.

mercoledì 11 maggio 2011

ALTRA TESTIMONIANZA SUL LAVORO DELLE GELSOMINAIE

Completo il post sul lavoro delle gelsominaie,riportando una pagina del libro di
Ninì Martelli,"L'avventura di un uomo",prelevata dal blog di Nina-(www.paroleintrecciate.blogspot.com)con la sua autorizzazione,ovviamente.

Così racconta l'autore:
In quel periodo (primi anni '30, n.d.b.) fu dato inizio alla coltivazione del gelsomino per fare i profumi. Incaricato di tale impresa era il S. Cundari, nostro vicino di casa il quale, sapendo che mia madre aveva lavorato in tale coltura in Francia, dove eravamo stati emigrati per un paio di anni, le propose di fargli da assistente ed insegnare alle operaie i metodi di piantagione e potatura.

Iniziò così l’avventura dei gelsomini che poi si estese in parecchi comuni della provincia di Reggio, dando lavoro a migliaia di donne raccoglitrici.
Come il gelsomino cominciò a vendersi, venne impiantata la prima distilleria sperimentale, costruita in Francia.
Il gelsomino esiste dove c’è miseria e la manodopera costa pochissimo. Ricordo quelle povere donne scalze e malvestite che si portavano dietro i figlioletti. I più grandicelli raccoglievano come potevano i fiori per aiutare le madri, e i più piccini venivano avvolti in qualche vecchia coperta e coricati tra i filari.
Lavoro massacrante che aveva inizio al mattino alle quattro per finire verso le dieci. Molte ore poi bisognava attendere per la pesa, che veniva calcolata un po’ più bassa per via dell’umidità.
Come se non bastasse la fatica, il disagio veniva dalle malattie provocate da alcuni tipi di concime, in cui si annidavano parassiti che, attraverso i piedi scalzi, contaminavano le raccoglitrici. Nelle persone infettate si formava nello stomaco un ammasso di parassiti filamentosi e le vittime diventavano sempre più deboli ed esangui. Più di qualcuna morì.
In seguito fu trovato un rimedio e facevano ingoiare alle persone infettate delle capsule (contenenti etere?) che si aprivano nello stomaco e il farmaco uccideva i parassiti.

Il buono che mi ricordo è che dopo la raccolta dei fiori le donne rientrando a casa lasciavano una scia di profumo che nessun prodotto confezionato può pareggiare.

giovedì 14 aprile 2011

QUANDO IL LAVORO DELLE DONNE PROFUMAVA DI GELSOMINO




Se annotta
Se albeggia
Resta bianco
Il gelsomino (G:Seferis)











Costa dei gelsomini (o riviera dei gelsomini) era il nome con cui si idendificava
una zona costiera della provincia di Reggio Calabria,bagnata dal mare Jonio,lungo la quale cresceva questa pianta dai fiori bianchi, piccoli, delicati,
e profumatissimi.
La coltivazione del gelsomino per finalità industriali fu introdotta nel 1928 dalla Stazione Sperimentale per l'Industria delle Essenze e dei derivati dagli Agrumi
(pensiamo al Bergamotto,tipico della zona) con sede in Reggio Calabria.
Questa coltivazione era diffusa anche sulla sponta tirrenica della Sicilia,con centro Milazzo,dove esistevano parecchie distillerie per la lavorazione primaria del gelsomino e di altre essenze.Il prodotto semilavorato veniva inviato principalmente in Francia,per l'industria dei profumi.




fase di lavorazione dei fiori di gelsomino a Milazzo(foto dal web)


La raccolta dei fiori era affidata alle donne,servivano mani piccole e gesti delicati per staccare il prezioso fiore.Spesso venivano impiegate anche le bambine perchè le loro piccole mani meglio si adattavano a questo lavoro.
Era un lavoro pesante,iniziava alle prime luci dell'alba,il profumo era più intenzo e non si disperdeva,e terminava prima che il sole potesse rovinare i fiori.
Le donne usavano,per raccogliere i fiori, grembiuli con grande tasca che svuotavano in ceste di canna o vimini e portavano alla pesatura.
Spesso se c'erano dei bambini piccoli cui nessuno poteva badare a casa,le mamme se li portavano appresso e li facevano dormire nelle ceste,fra i solchi delle piante.
Molte donne curavano anche la potatura delle pianre e la preparazione delle talee
per nuovi impianti.





La potatura (foto dal web)


Quello delle gelsomiaie fu uno dei primi lavori " organizzati" che ha visto le donne protagoniste ,almeno in quella zona della Calabria,e Sicilia.
Lavoro duro,ma che dava la possibilità a molte delle lavoratrici,di contribuire al reddito della famiglia e fare anche il resto dei lavori in casa dal momento che non occupava tutta la giornata,anche se la giornata iniziava molto,ma molto presto.
Erano pagate pochissimo,25 lire al chilo di fiori raccolti,e ce ne volevano 10.000 fiori,per un kg.!
Anche le condizioni di lavoro erano discutibili,al limite dello sfruttamento.

Presto si organizzarono tramite i sindacati,per riuscire ad ottenere migliori condizioni e più adeguati salari.
Dal Web:"
«A un certo punto venne indetto un colossale sciopero. A scioperare per prime furono le raccoglitrici di gelsomino della piana di Milazzo. Durò ben nove giorni e a proclamarlo fu Tindaro La Rosa della Cgil, nell' agosto del 1946. Le gelsominaie si interessarono anche al destino di altre lavoratrici sfruttate, le loro gesta si diffusero per tutta l' isola, molte di loro conobbero la cella. Ma queste donne continuarono a difendersi e a difendere, consapevoli di essere parte e rappresentanza di una categoria, e lo sciopero proseguì, si estese a macchia d' olio e coinvolse le impiegate che si occupavano dei semenzai di Mazzarrà Sant' Andrea, le cavatrici di agrumi di Barcellona di Sicilia, le incartatrici di Capo d' Orlando, le salatrici di sarde di Sant' Agata, le portatrici di argilla di Santo Stefano di Camastra, le raccoglitrici di olive dei monti Nebrodi e delle Madonie. Superò perfino lo Stretto, tracciando un' inquietante mappa del lavoro nero femminile....."




Foto gentilmente concessa da di Nina-(www.paroleintrecciate.blogspot.com)



Se il lavoro è un Diritto,perchè ci rende liberti e padroni del nostro destino,
Se il lavoro è un Dovere perchè ci coinvolge nella crescita civile ed economica del nostro Paese
Il lavoro delle Donne,di ieri ma in parte anche di oggi,nonostante sia indispensabile anche alla società ,sembra essere un lusso da gestire,spesso in solitudine,facendo lo slalom fra i "doveri" di madre,di moglie, di compagna.
Per i nostri partners uomini le cose sono un tantino più facili,ammettiamolo.

domenica 27 marzo 2011

LE DONNE E LA MIMOSA-Un otto marzo diverso

Ho chiesto all'amica Rosy se potevo importare questo suo scritto,postato in occasione della Festa delle Donna.E' un omaggio alle donne del suo paese,quelle conosciute nella sua infanzia e che tanto hanno in comune con moltissime altre donne in varie zone del nostro paese e non solo.
Spero di completare nel tempo il discorso accennato nel titolo anche con il contributo di altri amici bloghers.
Grazie Rosy.




"Sono nata in un piccolo paesino dove si viveva di solo agricoltura. Fin da piccola mi è piaciuto osservare questo mio piccolo mondo.
In silenzio camminavo tra la mia gente, raccogliendo i loro sorrisi, le gioie i dolori, le preoccupazioni e mi infilavo tra loro per ascoltare i loro discorsi.
La mia gente era semplice ma negli occhi delle Donne c'era sempre un velo di profonda malinconia, che anche se ero solo una bambina,avvertivo. Un velo che di tanto in tanto
spariva, per far spazio al luminoso sorriso della speranza, che mai le abbandonava.
Oggi, voglio donare questo post, come Mimosa, alle Donne del mio paesino.
Donne forti, fiere, discrete, dignitose, silenziose e grandi lavoratrici.
Le Loro mani non erano curate, erano mani di chi zappava la terra. Sempre accanto ai loro uomini. Come uomini. Nei loro corpi si celava però tanta stanchezza,anche se andavano avanti con grande coraggio e passione.

Una mattina presto fui svegliata da uno strano rumore, chiesi a mia madre "cos'è questo rumore"?" -Sono i carri che vanno in campagna" mi rispose-
Mi buttai dal letto, aprii la porta per vedere.
Fuori era ancora buio, unica luce quella della luna e qualche solitaria stellina. E la luna accompagnava col suo chiarore una lunga processione di carretti. Camminavano, uno dietro l'altro, lentamente, avendo in comune un'unica meta:la campagna,la terra,unico loro sostentamento.
Col mio occhio indagatore di bambina scrutava ogni carro, affascinata. L'uomo, seduto avanti, teneva ben salde tra le sue mani forti le redini del cavallo, seduta in fondo al carro, avvolta in un mantello, c'era la sua Donna.
Donne sempre incinte e sempre con una creatura al seno.
Il silenzio del giorno che non arrivava ancora era rotto solo dal rumore degli zoccoli dei cavalli, e la luna, dall'alto con la sua luce, dipingeva su ogni carro un quadro di malinconica bellezza e fierezza che la mia mente di bimba registrò e non ha più dimenticato".

Le Donne del mio paesino hanno sempre lavorato in campagna e a casa, sempre! La loro vita era solo un satellite che girava intorno al pianeta maschio. Il sabato sera l'unica uscita era per gli uomini, che si riunivano nell'osteria del paese, tornando a casa sempre ubriachi. La donna restava a casa da sola con i figli. Chissà, quante volte hanno pianto in questa loro solitudine. Vite dimenticate dal cielo e dalla terra.

Eppure, andavano avanti con coraggio e passione, non si ponevano tante domande, non si ribellavano. Vivevano la stessa vita delle loro madri e delle loro nonne e l'accettavano, convinte, che quella era la vita. In questo mio piccolo paese, cosi lontano dal mondo, non arrivava neanche l'eco di vite lontane. Un piccolo mondo immobile che iniziava e finiva in quelle quattro strade.
Tra queste Grandi Donne ho vissuto la mia infanzia , tra un'uscita e l'altra dal collegio. Osservando queste Donne semplici e senza storia ho maturato le mie riflessioni e i miei sentimenti.
A Voi, che siete la mia piccola storia, dedico, con amore e rispetto questo giorno e, questo post. A voi, che mi avete regalato la lettura del libro più bello, il libro della vita, della Vostra vita. Grazie!
Domani saranno ricordate tante Donne con nomi importanti ed è giusto che sia cosi, ma io ho voluto ricordare anche le piccole Donne
che hanno saputo comprendere le Grandi e insieme hanno saputo lottare, per regalare a noi Donne di oggi un mondo migliore."

http//rosy-blogprove.blogspot.com

mercoledì 9 febbraio 2011

QUANDO USAVAMO PENNE E CALAMAIO

In prima elementare usavo solo matite,facevo le aste e i puntini,per imparare a stare nel rigo e nello spazio appropriato.
I banchi erano delle panche in legno per tre,quattro alunni, con un piano di appoggio per i quaderni e i libri. Per ogni postazione di due alunni un calamaio inserito in un apposito foro del piano. Ma in prima classe,come ho detto, non lo potevamo usare,solo desiderare.


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Avevo quadernetti da 10 fogli con copertine colorate o da 20,copertine nere e bordi rossi.
Quelli a quadretti avevano le tabelline.
Ce n'erano alcuni,distribuiti dal patronato scolastico con la pubblicità: ricordo quelli con la pubblicità del dentifricio Durbans:brevi racconti illustrati dove c'era sempre l'eroe che salvava qualcuno e poi ringraziava la folla plaudente,”con un meraviglioso sorriso Durbans”.
Così mentre noi bambini imparavamo che era necessaria una igiene dentale quotidiana,per poter sfoderare lo stesso meraviglioso sorriso del nostro eroe,il patronato ci omaggiava di qualcosa di utile,ed educativo,a costo zero,come diremmo oggi.
( I nostri nipoti comprano i quaderni griffati pagando un mare di euro in più per mantenere le aziende che vendono il loro marchio:qualcosa non quadra....)




Vicino alla scuola la signora Giovannina in un angolo della abitazione aveva uno scaffaletto con quaderni pennini con cannucce , gomme,boccette d'inchiostro carta assorbente,liquirizie e caramelle di zucchero.
Io chiedevo a mio padre,più generoso di mamma,i soldini per quaderni,ma li conservavo,e se proprio dovevo comprare qualcosa,dicevo che poi sarebbe passato papà,così disponevo spesso di qualche liretta da spendere in caramelle e fare la generosa con i compagni.
Qualche volta dimenticavo di fare i compiti,ma prima che aprissero l'aula,trovavo il modo di fare tutto:così ho scoperto,per necessità,che potevo ricavare l'inchiostro,schiacciando delle bacche colorate,o quando si avvicinava l'estate,schiacciando dei papaveri rossi.
Certo l'inchiostro aveva un chè di pallido e sbiadito, ma trovavo sempre una giustificazione.
Era una scuola di campagna e molte cose le imparavamo osservando la natura, aiutati in questo anche dai maestri che ci abituavano alla osservazione.
Ho avuto sempre maestri uomini,forse perchè la sede era “disagiata”

Questo palazzetto era la sede della mia scuola elementare per gli anni 1946 al 1950-Posto in fondo ad una vallata,si raggiungeva seguendo il letto della fiumara S.Pasquale,fin quasi alla sua sorgente-E d'inverno era davvero un problema,anche per gli insegnanti..
In quinta,arrivando in paese,ho avuto una maestra,ma ho ripetuto l'anno,nonostante fossi stata promossa, perchè dovevo fare gli esami di ammissione per la 1a media e secondo mio padre non ero abbastanza preparata.Alcune foto della memoria, cose recuperate dalla mia mania di conservare tutto.



Cara vecchia cartella di cartone!


E questo banco di scuola è ancora moderno,se confrontato con quelli della mia vecchia scuola!


La mia pagella di 1a elementare



Ci sono anche i voti:non male,(?)




Un vecchio manuale di bella calligrafia,ma questo è ancora più vecchio!!



Questa invece è una pagina di bella scrittura,ma sono di qualche anno dopo,alle scuole superiori

mercoledì 2 febbraio 2011

I MIEI LAVORI....E TANTO RICICLO

Se ho fra le mani un pezzo di tessuto cerco subito di capire cosa potrei ricavarci,come potrei trasformarlo.Lo stesso per merletti,trine,nastri,monili non usati.
Così cerco di dare vita agli oggetti, di renderli "diversamente us-abili":
mi diverto e nel mio piccolo cerco di riciclare in modo per me piacevole e qualche volta anche utile.
Accetto critiche,approvazioni,consigli,condivisioni,giusto nello spirito del libero scambio.


Pochette nera tessuto crep pesante. Retro, chiusura bottone gioiello,fronte ricamo paillettes applicato .







Pochette beige cotone operato con rifiniture pelle e fiocchetti metallo



In pesante cotone operato,chiusura fermaglio e manici perle su tinta



Borsa in tessuto,che ho ricamato riprendendo i colori del disegno- in versione con fascia applicata, in paillettes corallini e fiocco raso, versione lineare e semplice,particolare








Borsa in tessuto nylon stampato, particolare interni con borsino porta cellulare, versione tradizionale,più capiente eversione arricciata,effetto morbido arrotondato








borsa spesa con annesso borsello




borsa tessuto matelassè- riciclato-e ricamo con pietre in tinta


borsina tessuto con sciarpa in tinta,rifinita a mano


borsa spesa,con moschettone porta chiavi


calda coperta lettino tessuto lana da recupero maglioni dismessi


copertina culla tecnica patchwork


altra copertina culla,stessa tecnica


copriletto matrimoniale,tecnica patchwork mia interpretazione particolare


coppia cappelli-tecnica decoupage


cappello uomo-tecnica decoupage


cappello rosa "sapore di mare"


cappello con rose-tecnica decoupage



cappello papaveri-tecnica decoupage


table runner color panna disegni rilievo in seta.


cuscini in seta a fasce stile rimascimento


scialle in crespo di seta predisegnato e rifinito con piccole frange in perline e pietre


sciarpa melange


sciarpa nera e argento


sciarpa grigio sfumato


sciarpa lilla-viola sfumato



recupero sedia a dondolo con rinnovo tappezzeria:prima


dopo